La sindrome dell’occhio secco è tra i più sottovalutati disturbi della società moderna, sebbene interessi milioni di italiani e sia in vertiginoso aumento anche a causa dell’uso smodato di computer, tablet e cellulari, davanti ai quali si sbattono troppo poco le palpebre.
Nello specifico, la secchezza oculare, che è la condizione che si manifesta quando la produzione di film lacrimale è scarsa, colpisce il 90% delle donne in menopausa e il 25% della popolazione sopra i 50 anni. Approfonditi studi epidemiologici inoltre hanno dimostrato lo stretto legame tra il fumo di sigaretta e l’insorgenza di varie patologie oculari, tra cui l’occhio secco e la degenerazione maculare legata all’età. Abbiamo chiesto alla dott.ssa Lucia Gliceri, oculista Gruppo Monti Salute Più, quali sono i sintomi di questa patologia e i rimedi per curarla.
“La superficie oculare – spiega l’esperta – è la parte dell’occhio a contatto con l’esterno. È costituita dalle palpebre, film lacrimale, congiuntiva, sclera e cornea. Numerose sono le patologie che portano ad un’alterazione acuta, cronica o recidivante della superficie oculare; alterazioni anatomiche primitive o secondarie, malattie autoimmuni, endocrine, alterazioni ormonali, allergie. Un ruolo a sé rivestono la sindrome da videoterminale e le patologie legate agli ambienti di lavoro. La superficie oculare presenta una barriera verso l’esterno, alterazioni del sistema lacrima-superficie oculare possono determinare la secchezza oculare (Dry Eye)”.
I pazienti che soffrono di questa patologia hanno spesso la sensazione di avere un corpo estraneo nell’occhio, dolore, fotofobia, visione offuscata e, paradossalmente, eccessiva produzione di lacrima. In casi gravi, si possono avere complicanze infettive, lesioni epiteliali corneali che possono compromettere la funzione visiva.
Il dry-eye è una patologia molto diffusa con un forte impatto sulla qualità della vita degli individui che ne sono afflitti, in quanto apporta forti disagi fino alla disabilità visiva con dolore e irritazione oculare.
“In questi pazienti, – prosegue la dott.ssa Gliceri – la stabilità, la quantità e la qualità del film lacrimale sono variate cosicché il liquido lacrimale non può più svolgere le sue funzioni di protezione verso gli agenti esterni, di idratazione e lubrificazione, innescando uno stato infiammatorio cronico e una progressione del danno tendenti all’auto-mantenimento. L’atteggiamento terapeutico deve mirare a controllare tempestivamente il processo infiammatorio subclinico per evitare che inneschi l’attivazione del sistema immunitario, trasformando la flogosi subclinica in flogosi cronica difficile da gestire; il trattamento va adottato in funzione della severità della malattia e va visto come un ventaglio di soluzioni da considerare in relazione alle condizioni del paziente e alle sue abitudini di vita”.
Per la malattia dell’occhio secco di entità “lieve”, è indicato l’uso di sostituti lacrimali ed è raccomandata attenzione alle condizioni ambientali.
Nei casi di entità “moderata” o “grave” invece si consiglia di aggiungere ai sostituti lacrimali anche una terapia antinfiammatoria topica ed eventuale terapia più complessa sistemica. A causa della natura multifattoriale del dry eye, l’approccio terapeutico deve essere multiplo e prolungato, scevro da effetti collaterali e non deve inficiare la qualità di vita del paziente.
A cura di Federica Pagliarone, giornalista scientifica