Di Federica Pagliarone, giornalista scientifica
Ottobre è il mese della prevenzione per i tumori al seno, prevenzione che, mai come in questo caso, riveste un’importanza così significativa, considerando che in Italia questa patologia colpisce circa 50mila donne (e 300 uomini) ogni anno, pari ad un terzo di tutti i tumori che insorgono nell’universo femminile. Fortunatamente, sebbene sia una delle neoplasie maligne più frequenti, è anche una delle più trattabili, e da cui spesso si riesce guarire. Se la diagnosi arriva in una fase precocissima della malattia e le lesioni sono tanto piccole da non essere palpabili, infatti, si riesce a guarire nell’85 per cento dei casi.
“Così come per tutti gli altri tipi di cancro, anche in questo caso, la prevenzione gioca un ruolo importantissimo, – spiegano i professionisti del Gruppo Monti Salute Più – in quanto studi recenti hanno dimostrato in modo inconfutabile che, la probabilità di guarigione del tumore del seno, è proporzionale alla tempestività della diagnosi. Detto ciò, oltre a condurre una vita sana, mangiare bene e svolgere un’attività fisica regolare, diventa importantissimo prestare attenzione ad alcuni campanelli d’allarme che lancia il corpo ed eseguire una mammografia ad intervalli regolari, in modo da individuare precocemente la malattia e, in questo modo, aumentare la possibilità di guarigione. Per fortuna, oggi una diagnosi precoce è sempre più frequente grazie ai programmi di screening che prevedono di sottoporre a mammografia le donne nelle fasce di età raccomandate. Mirando ad una diagnosi precoce, lo screening favorisce interventi medici e chirurgici il più possibile conservativi ed accettabili per le pazienti. Al contrario, l’ecografia, che in generale non è raccomandata come test di screening, può essere utile nelle donne più giovani o per approfondire la natura di un nodulo. Infine, un altro aspetto da non sottovalutare è l’esecuzione dell’autopalpazione del seno con cadenza mensile. Prendendo confidenza con il proprio seno, è infatti possibile avvertire eventuali cambiamenti di consistenza della mammella oppure riscontrare la presenza di noduli di recente insorgenza”.
Che cos’è
Premesso che il seno non è una sola ghiandola, ma un insieme di strutture ghiandolari, chiamate lobuli, unite tra loro a formare un lobo; e che in un seno vi sono da 15 a 20 lobi; possiamo dire che il tumore al seno è causato dalla moltiplicazione incontrollata di alcune cellule della ghiandola mammaria che si trasformano in cellule maligne. Cellule che hanno la capacità di staccarsi dal tessuto che le ha generate per invadere i tessuti circostanti e, col tempo, anche gli altri organi del corpo. Nello specifico, la metà dei casi di tumore del seno si presenta nel quadrante superiore esterno della mammella, mentre più del 75% dei casi colpisce donne sopra i 50 anni. Svariati studi hanno dimostrato che, un uso eccessivo di estrogeni, facilita la comparsa del cancro al seno. Per questo tutti i fattori che ne aumentano la presenza hanno un effetto negativo e viceversa: le gravidanze, ad esempio – che riducono la produzione degli estrogeni da parte dell’organismo -, hanno un effetto protettivo. Allattare i figli, dunque, aiuta a combattere il tumore del seno, perché l’allattamento consente alla cellula del seno di completare la sua maturazione e quindi di essere più resistente ad eventuali trasformazioni neoplastiche.
Sintomi
Solitamente, le forme iniziali di tumore al seno non provocano alcun dolore, come invece succede durante il ciclo mestruale a causa delle variazioni ormonali. Sebbene però la malattia non dia luogo a sintomi specifici, ogni donna dovrebbe conoscere bene le proprie mammelle per essere in grado di riconoscere eventuali cambiamenti, soprattutto se esiste familiarità. Circa il 5-7% delle donne con tumore al seno, infatti, ha più di un familiare stretto malato. Di seguito, i principali campanelli d’allarme da riferire al proprio medico, qualora si verificassero:
- variazione di dimensioni o forma della mammella
- presenza di rilievi o infossamenti sulla superficie (pelle a buccia d’arancia)
- presenza di protuberanza o ispessimento
- retrazione (verso l’interno) del capezzolo
- presenza di una protuberanza o ispessimento nell’area situata dietro il capezzolo
- eczema sul capezzolo o nell’area circostante
- secrezione ematica
- gonfiore e dolore a livello dell’ascella (i linfonodi ascellari potrebbero indicare il cancro al seno allo stesso modo in cui i linfonodi del collo e della gola indicano un’influenza)
- prurito e arrossamenti
- mal di schiena (i tumori a volte si possono sviluppare in profondità all’interno del tessuto del seno fino al torace)
- presenza di noduli palpabili o addirittura visibili (anche se in genere questi sono segni di una forma tumorale già avanzata).
Diagnosi
Il cancro al seno viene diagnosticato con la mammografia e con l’ecografia mammaria (più indicata per la donna tra i 30 e i 45 anni): la scelta di quale dei due esami utilizzare dipende dall’età, anche se nella maggior parte dei casi si utilizzano entrambi. In alcuni casi (per esempio mammelle molto dense o lesioni difficili da classificare) è possibile ricorrere anche alla risonanza magnetica. Le Linee guida del Ministero della salute suggeriscono di eseguire una mammografia ogni 2 anni, dai 50 ai 69 anni di età (in questa fascia d’età si concentra infatti la maggior parte dei tumori del seno) ma la cadenza può variare a seconda delle considerazioni del medico sulla storia personale di ogni donna. Nelle pazienti che hanno avuto una madre o una sorella malata in genere si comincia prima, verso i 40-45 anni. E, secondo gli esperti dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), la partecipazione allo screening, organizzato su invito attivo con queste modalità, può ridurre del 40 per cento la mortalità per questa malattia. In caso di esito positivo, la donna viene invitata ad eseguire una seconda mammografia, un’ecografia, una visita clinica e una biopsia, in modo da confermare l’effettiva presenza di un tumore, prima di procedere al trattamento che prevede, nella quasi totalità dei casi, un intervento chirurgico per rimuovere i tessuti malati.
Mammografia ed ecografia: le differenze
La mammografia è fondamentale per la prevenzione del tumore della mammella poiché è in grado di individuare anche lesioni di piccole dimensioni. Si tratta di un esame radiografico non invasivo che consente di visualizzare precocemente la presenza di noduli non ancora palpabili, che possono essere dovuti alla presenza di un tumore. Di solito, all’interno dei programmi di screening, si effettuano due proiezioni radiografiche, una dall’alto e l’altra lateralmente, e i risultati vengono valutati separatamente da due radiologi per garantire una maggiore affidabilità della diagnosi. La cadenza dei successivi controlli dipende dalla valutazione del radiologo e dal grado di densità fibro-ghiandolare. Nei seni particolarmente densi l’intervallo ottimale tra una mammografia e la successiva è annuale; invece, nelle donne che hanno una mammella poco densa o in quelle che non hanno familiarità per tumore mammario, è indicato l’impiego della sola mammografia con un intervallo tra i due test che, in assenza di familiarità, può raggiungere anche i due anni.
La differenza tra ecografia mammaria e mammografia sta nelle modalità di indagine: mentre l’ecografia sfrutta, per l’elaborazione delle immagini diagnostiche, le onde sonore (ultrasuoni a bassa frequenza e ad alta densità), la mammografia impiega i raggi x, ed è dunque come abbiamo detto l’esame radiografico più efficace nell’individuazione di lesioni tumorali, anche millimetriche, che l’ecografia spesso non riesce a mettere a fuoco. A sua volta, nelle donne più giovani, in cui il tessuto ghiandolare è più denso, i risultati dell’ecografia offrono maggiori informazioni rispetto a quelli della mammografia. In conclusione, si tratta di due esami diagnostici complementari e di straordinaria importanza per preservare la salute di una donna.
Mammografia ed ecografia sono disponibili presso il Polo Diagnostico Bodi di Bologna.